Riflessioni su uno dei mali del nostro tempo: l’anoressia
Cercherò in quest’articolo di rendere più comprensibile e pensabile l’anoressia, uno dei disturbi maggiormente discussi e per molti versi anche inquietanti del nostro tempo.
Per motivi di spazio e per non risultare noiosa, esporrò soltanto alcune riflessioni molto sommarie e di certo non esaustive, scaturite dalla lettura del testo di Recalcati e Merli “Anoressia, bulimia e obesità”, di cui consiglio la lettura a chi interessasse un punto di vista molto autorevole, chiaro ed illuminante su tale argomento.
In genere la ragazza (si tratta di un problema tipicamente femminile) che svilupperà un disturbo anoressico, inizia col restringere le sue abitudini alimentari e manifesta un’attenzione sempre crescente nei confronti del proprio peso e dell’immagine corporea. Questo esordio potrà poi sfociare in un’anoressia vera e propria se subentrano i sintomi tipici: rifiuto del cibo, iperattivismo, ossessione per il proprio aspetto che non viene più percepito come realmente è, calo di peso importante e amenorrea (assenza delle mestruazioni). In una prima fase si sente felice, soddisfatta, perché l’anoressia rappresenta per lei una soluzione anziché un problema: le garantisce un controllo totale non solo sulla fame ma soprattutto sulle emozioni e sulle relazioni con gli altri.
Vi sono due forme fondamentali di anoressia, quella di cui sto parlando è quella nevrotica, ed è molto importante considerare che il rifiuto anoressico di questo tipo è sempre in relazione all’altro. Ciò significa che non è fine a se stesso ma si tratta di un appello al contrario: si rifiuta il cibo per farsi ascoltare dell’altro, per coinvolgerlo nella propria sofferenza, per provocarlo e interrogarlo sul suo amore, come a dirgli: “Non voglio da te cibo e cure, voglio che mi vuoi bene. Non vedi che sto scomparendo? Fai qualcosa!”.
E’ quasi inevitabile, soprattutto per un genitore, cedere a questa sorta di ricatto ed angosciarsi terribilmente per la propria figlia.
Molto frequentemente questo disturbo esordisce durante la fase dell’adolescenza e, se teniamo a mente le cose esposte finora, se ne intuisce il motivo. Mentre durante l’infanzia il bambino dipende in tutto e per tutto dai genitori, che riversano su di lui aspettative, desideri magari irrealizzati, si rispecchiano in lui e inconsciamente (o meno) cercano di auto realizzarsi attraverso il figlio, nella fase adolescenziale egli inizia a distaccarsi da loro, a rivendicare il diritto di esistere autonomamente, di realizzare i suoi progetti e non solo, o non più, quelli dei genitori. È molto frequente ritrovare nella storia delle pazienti anoressiche la fase della “brava bambina, buona e compiacente” che vuole sentirsi benvoluta ed accontentare la famiglia, che appena diventa adolescente si trasforma in ostinata contestatrice a priori di tutto ciò che osserva e riceve in casa.
L’adolescente anoressica estremizza questa normale esigenza di separazione ed individuazione, rifiutando anche il cibo ed ogni altra forma di dipendenza dall’adulto, rovesciando così l’impotenza infantile in una nuova posizione di potere sugli altri: ora è il genitore ad essere in balia del ricatto della figlia.
Un’altra ragione per cui facilmente l’anoressia compare nell’adolescenza riguarda poi il fatto che in questo periodo avvengono le prime esperienze amorose, la scoperta della sessualità, ed è normale imbattersi nelle prime cocenti delusioni sentimentali. Se qualcosa durante l’infanzia è andato storto e vi è nella ragazza una fragilità di fondo che rende ancora più critica una fase della vita di per sé già molto difficile, un’esperienza amorosa dolorosa può implicare una reazione di rifiuto e chiusura nelle relazioni con gli altri e anche di disprezzo per il proprio corpo, che inizia ad essere percepito non abbastanza bello e magro in relazione ai canoni estetici dominanti nella società.
In definitiva il rifiuto alimentare rappresenta una strategia messa in atto dalla ragazza per tenersi a distanza dal rischio di relazioni affettive con l’altro sesso e per rigettare ogni tipo di legame, primo fra tutti quello coi genitori che invece vorrebbero preservare quel legame di dipendenza che c’è stato fino a quel momento.
La spinta sociale alla magrezza quindi, e l’ideale del corpo magro continuamente esibito sui media, da soli non rappresentano la causa scatenante del disturbo dell’anoressia: è nella congiuntura tra questa domanda sociale e le problematiche più intime e soggettive della persona che può prodursi la patologia. In realtà questa malattia può manifestarsi in tutte le età della vita di una donna e la pressione sociale, incentivata dall’industria della moda, rappresenta una circostanza facilitante per iniziare a comunicare attraverso il sintomo dell’anoressia la propria sofferenza fino a quel momento rimasta silenziosa ed inespressa.
“L’anoressia è una forma di difesa dai rischi del legame con l’altro; è l’espressione di una difficoltà profonda di sopravvivere alle cattive sorprese dei legami umani. E oltre a ciò, è anche una manovra per suscitare nell’altro quelle attenzioni e quella presenza che non ha saputo dare”.
Cercherò in quest’articolo di rendere più comprensibile e pensabile l’anoressia, uno dei disturbi maggiormente discussi e per molti versi anche inquietanti del nostro tempo.
Per motivi di spazio e per non risultare noiosa, esporrò soltanto alcune riflessioni molto sommarie e di certo non esaustive, scaturite dalla lettura del testo di Recalcati e Merli “Anoressia, bulimia e obesità”, di cui consiglio la lettura a chi interessasse un punto di vista molto autorevole, chiaro ed illuminante su tale argomento.
In genere la ragazza (si tratta di un problema tipicamente femminile) che svilupperà un disturbo anoressico, inizia col restringere le sue abitudini alimentari e manifesta un’attenzione sempre crescente nei confronti del proprio peso e dell’immagine corporea. Questo esordio potrà poi sfociare in un’anoressia vera e propria se subentrano i sintomi tipici: rifiuto del cibo, iperattivismo, ossessione per il proprio aspetto che non viene più percepito come realmente è, calo di peso importante e amenorrea (assenza delle mestruazioni). In una prima fase si sente felice, soddisfatta, perché l’anoressia rappresenta per lei una soluzione anziché un problema: le garantisce un controllo totale non solo sulla fame ma soprattutto sulle emozioni e sulle relazioni con gli altri.
Vi sono due forme fondamentali di anoressia, quella di cui sto parlando è quella nevrotica, ed è molto importante considerare che il rifiuto anoressico di questo tipo è sempre in relazione all’altro. Ciò significa che non è fine a se stesso ma si tratta di un appello al contrario: si rifiuta il cibo per farsi ascoltare dell’altro, per coinvolgerlo nella propria sofferenza, per provocarlo e interrogarlo sul suo amore, come a dirgli: “Non voglio da te cibo e cure, voglio che mi vuoi bene. Non vedi che sto scomparendo? Fai qualcosa!”.
E’ quasi inevitabile, soprattutto per un genitore, cedere a questa sorta di ricatto ed angosciarsi terribilmente per la propria figlia.
Molto frequentemente questo disturbo esordisce durante la fase dell’adolescenza e, se teniamo a mente le cose esposte finora, se ne intuisce il motivo. Mentre durante l’infanzia il bambino dipende in tutto e per tutto dai genitori, che riversano su di lui aspettative, desideri magari irrealizzati, si rispecchiano in lui e inconsciamente (o meno) cercano di auto realizzarsi attraverso il figlio, nella fase adolescenziale egli inizia a distaccarsi da loro, a rivendicare il diritto di esistere autonomamente, di realizzare i suoi progetti e non solo, o non più, quelli dei genitori. È molto frequente ritrovare nella storia delle pazienti anoressiche la fase della “brava bambina, buona e compiacente” che vuole sentirsi benvoluta ed accontentare la famiglia, che appena diventa adolescente si trasforma in ostinata contestatrice a priori di tutto ciò che osserva e riceve in casa.
L’adolescente anoressica estremizza questa normale esigenza di separazione ed individuazione, rifiutando anche il cibo ed ogni altra forma di dipendenza dall’adulto, rovesciando così l’impotenza infantile in una nuova posizione di potere sugli altri: ora è il genitore ad essere in balia del ricatto della figlia.
Un’altra ragione per cui facilmente l’anoressia compare nell’adolescenza riguarda poi il fatto che in questo periodo avvengono le prime esperienze amorose, la scoperta della sessualità, ed è normale imbattersi nelle prime cocenti delusioni sentimentali. Se qualcosa durante l’infanzia è andato storto e vi è nella ragazza una fragilità di fondo che rende ancora più critica una fase della vita di per sé già molto difficile, un’esperienza amorosa dolorosa può implicare una reazione di rifiuto e chiusura nelle relazioni con gli altri e anche di disprezzo per il proprio corpo, che inizia ad essere percepito non abbastanza bello e magro in relazione ai canoni estetici dominanti nella società.
In definitiva il rifiuto alimentare rappresenta una strategia messa in atto dalla ragazza per tenersi a distanza dal rischio di relazioni affettive con l’altro sesso e per rigettare ogni tipo di legame, primo fra tutti quello coi genitori che invece vorrebbero preservare quel legame di dipendenza che c’è stato fino a quel momento.
La spinta sociale alla magrezza quindi, e l’ideale del corpo magro continuamente esibito sui media, da soli non rappresentano la causa scatenante del disturbo dell’anoressia: è nella congiuntura tra questa domanda sociale e le problematiche più intime e soggettive della persona che può prodursi la patologia. In realtà questa malattia può manifestarsi in tutte le età della vita di una donna e la pressione sociale, incentivata dall’industria della moda, rappresenta una circostanza facilitante per iniziare a comunicare attraverso il sintomo dell’anoressia la propria sofferenza fino a quel momento rimasta silenziosa ed inespressa.
“L’anoressia è una forma di difesa dai rischi del legame con l’altro; è l’espressione di una difficoltà profonda di sopravvivere alle cattive sorprese dei legami umani. E oltre a ciò, è anche una manovra per suscitare nell’altro quelle attenzioni e quella presenza che non ha saputo dare”.